mercoledì, settembre 24, 2014

Aggiornamenti sui prossimi articoli e situazione attuale

Data la lunghezza dell'ultimo articolo, ho deciso di dare un po' di agio a chi volesse interessarsi all'argomento Mindfulness, prima di passare ai prossimi articoli. 
Attualmente sto prendendo degli appunti sulla psicologia sociale, quindi nei prossimi post si parlerà di questo. 
Si tratta di 30 lezioni circa, in cui proverò a spiegare anche a voi in maniera esaustiva, tutto quello che apprenderò sulla psicologia sociale. 
Chiedo scusa anticipatamente per i "lunghi" tempi che passeranno tra un post e l'altro, ma prima di buttare giù una bozza, voglio informarmi il più possibile circa l'argomento, in modo da offrirvi solamente il meglio. 

Passiamo oltre. Questi giorni sto sentendo tantissimi casi di omicidio, come il caso di omicidio-suicidio del ragazzo che dopo essere stato lasciato dalla fidanzata, ha deciso di farle provare la sensazione di perdere tutto buttandola dalla finestra di un palazzo, e in seguito seguirla, finendo il tutto con il suicidio. La cosa che mi ha sbalordita è la determinazione e la convinzione con le quali il ragazzo descrive le motivazioni del gesto in una lettera che non lascia dubbi: si tratta di un omicidio-suicidio premeditato. 

Mi piacerebbe molto analizzare la situazione, fare una specie di "autopsia psicologica" del ragazzo, ma attualmente sono ancora nella fase di studio, per cui, non vorrei fare la figura di quella che si mette a parlare di una cosa senza nemmeno conoscerla. Appena avrò finito di studiare almeno il minimo necessario, potrei iniziare a scomporre tutto il puzzle ed esaminare ogni singolo pezzo.

Sì, come ben avete capito, mi piace molto sapere che cosa accade nella nostra psiche. 

Spero continuerete a seguire il blog, con l'entusiasmo di sempre! 

Buona giornata, 
Gabriélle

sabato, settembre 20, 2014

Mindfulness - I due modi di percepire la realtà

Chi mi conosce, sa che adoro imbattermi in articoli interessanti riguardanti la scienza, soprattutto quando questa ha a che fare un po’ anche con la nostra mente. Questi giorni ho scoperto un articolo stimolante che parla dei due modi in cui la nostra mente percepisce la realtà e vorrei condividerlo con voi. In origine l’articolo è stato scritto in lingua rumena, (la mia madrelingua), e poiché ho un po’ di tempo, lo tradurrò in modo che anche voi possiate leggerlo. Posterò alla fine dell’articolo il collegamento all’originale in caso foste interessati.

“Nosce te ipsum” – conosci te stesso – è una sentenza religiosa greca antica ed è una delle più grandi esortazioni dell’antichità. Socrate, così come molti filosofi, artisti e mistici, credeva che “Una vita non esplorata non merita di essere vissuta”. Benjamin Franklin diceva che “Ci sono tre cose veramente dure: l’acciaio, il diamante e conoscere se stessi”. L’invito a conoscere la propria persona in profondità è presente inoltre anche nelle varie religioni del mondo; nel cristianesimo, il termine “vigilanza” indica l’attenzione ai propri pensieri, essendo questa uno stato che sorge “quando la mente sorveglia il cuore e i pensieri che entrano ed escono da essa”.

Nel linguaggio scientifico, la percezione dei propri pensieri, prende il nome di “metacognizione” (ovvero la capacità osservativa ed automodulante dei propri stessi processi cognitivi, Wikipedia). Indifferentemente dal nome sotto il quale il significato viene conosciuto, questo fenomeno gioca un ruolo essenziale nell’esperienza umana, essendo inserito  nelle più grandi opere letterarie e filosofiche.
Per di più, conoscere se stessi è un passo fondamentale che sta alla base di ogni cambiamento che vogliamo attuare. Come possiamo conoscere noi stessi? Negli ultimi anni, la scienza ha fatto grandi progressi in questa direzione, offrendoci una via verso questa meta tanto desiderata.

Come conoscere noi stessi ed il mondo che ci circonda?

Negli anni ’70, gli scienziati del campo della cognizione hanno scoperto che la memoria del lavoro espone un aspetto particolare, che hanno chiamato “funzione esecutiva”, e che si trova sopra tutte le altre funzioni della memoria del lavoro, monitorando il pensiero e distribuendo in modo ottimale le risorse. Le nuove tecnologie apparse alla fine del secolo passato e nel primo decennio del XXI secolo, hanno permesso agli specialisti di approfondire lo studio della memoria, aprendo così la porta di un nuovo campo scientifico intitolato “neuroscienza sociale cognitiva”. Questa nuova scienza si trova all’incrocio tra la neuroscienza cognitiva, che studia il funzionamento del cervello, e la psicologia sociale, che studia il modo in cui le persone interagiscono tra di loro. Prima della scoperta di questo nuovo campo scientifico, gli specialisti in neuroscienze tendevano ad indagare sul modo in cui lavorava un solo cervello, credendo che il sistema nervoso è un’entità isolata ed ignorando l’ambiente sociale nel quale la gente viveva. La neuroscienza sociale cognitiva approfondisce il modo in cui il cervello interagisce con altri cervelli, studiando aspetti come la competizione e la cooperazione, l’empatia, la giustizia e la conoscenza di sé.

Perché questo nuovo campo consente l’approfondimento dell’autoconoscenza? Il motivo è semplice: molte delle regioni cerebrali che il nostro cervello usa per capire l’altra gente, vengono usate allo stesso tempo anche per capire noi stessi. I ricercatori del campo delle neuroscienze sociali cognitive hanno voluto capire meglio questa capacità di penetrare all’interno della propria persona.

Kevin Ochsner, direttore del Laboratorio di Neuroscienze Sociali Cognitive dell’Università Columbia di New York, è uno dei due fondatori di questo nuovo campo scientifico. “Conoscere se stessi è la capacità di uscire dalla posizione del proprio essere e vedersi nella maniera più oggettiva possibile. Tante volte, questa cosa significa adottare la prospettiva di qualcun altro su di noi, immaginandoci di guardarci con gli occhi di un’altra persona. Così, io diventerei la camera, guardandomi e osservando qual è la mia risposta. Avere coscienza di sé, avere una prospettiva della propria persona, è come interagire con un’altra. Questo è un aspetto fondamentale che la neuroscienza sociale cerca di far capire”, spiega Ochsner.

Senza questa facoltà di posizionarsi al di fuori della propria esperienza, ci sarebbe impossibile controllarci e direzionare il nostro comportamento. L’abilità di modificare il nostro atteggiamento in tempo reale, a seconda degli obiettivi e delle situazioni, è quella che ci permette di comportarci da adulti, ed è necessaria per liberare il flusso automatico dell’esperienza e per focalizzare la nostra attenzione. Senza di essa opereremo come un pilota automatico, spinti dall’avidità, paura oppure abitudini.

Il termine tecnico usato da molti specialisti in neuroscienze per identificare questa abilità è “mindfulness” -  consapevolezza totale. La parola inizialmente indicava un antico concetto buddista, mentre oggi è usata dai ricercatori per designare l’esperienza dell’accordare un’attenzione profonda al presente in un modo più aperto. Il termine si riferisce all’idea  di vivere “in presente”, cioè essere coscienti dell’esperienza in tempo reale,  proprio quando questa accade, e di accettare quello che vediamo. Daniel Siegel, uno dei ricercatori che hanno esaminato a fondo questo campo e allo stesso tempo co-direttore di Mindful Awareness Research Center presso UCLA, definisce la “consapevolezza totale” come “nostra abilità di prendersi una pausa prima di reagire, creandosi la possibilità di analizzare più opzioni e scegliere quelle più adatte”. Per gli specialisti in neuroscienze, la  consapevolezza totale non ha niente a che fare con la spiritualità, religione o la meditazione, ma questa è una peculiarità che ognuno di noi ha in una certa misura e la può sviluppare in numerosi modi. È uno stato che possiamo attivare, e più facciamo questo, più tende a diventare un tratto caratteristico della persona.

Kirk Brown, studente presso Virginia Commonwealth University, è uno delle centinaia di ricercatori che oggi studiano la consapevolezza totale. Come studente, Brown ha osservato che alcune persone erano migliori di altre nel rilevamento dei segnali che il proprio corpo dava in seguito al recupero di un problema medicale. Le persone che erano a conoscenza delle proprie esperienze e sentimenti sembravano guarire prima rispetto alle altre. Il termine scientifico che sta ad indicare questa situazione è “sistema interocettivo”. Dato che Brown non ha scoperto nessuna unità di misura per questo tipo di coscienza , ne ha progettato una, chiamata Mindful Awareness Attention Scale (MAAS), che oggi è diventato lo strumento usato per la misura della totale consapevolezza di un individuo.

Brown ha scoperto che ognuno di noi possiede questa capacità di rilevare i segnali che il proprio corpo ci da, però il livello della capacità di riconoscerli cambia da persona a persona. Analizzando i volontari, negli anni, il ricercatore ha scoperto che il punteggio che essi ottenevano ai test MAAS avevano un collegamento diretto con lo stato di salute fisica e mentale di questi, e addirittura con le loro relazioni. “Inizialmente credevo fosse qualcosa di sbagliato con i dati riguardanti i test MAAS, ritenendo che non era possibile un legame tra tutte queste cose, però tutte le indagini che abbiamo fatto da allora non hanno fatto altro che confermarci questa scoperta”, afferma Brown.

Gli studi conseguiti da un altro ricercatore, Jon Kabat-Zinn, direttore e fondatore di Center for Mindfulness in Medicine, Healt Care, and Society, presso l’University of Massachusetts Medical School, hanno evidenziato che le persone guarivano prima da malattie dermatologiche se praticavano il “mindfulness”. Allo stesso tempo, le ricerche effettuate da Mark Williams de l’Università di Oxford hanno dimostrato che allenando la consapevolezza totale, la depressione può essere abbassata del 75%.

La totale consapevolezza, inoltre, aiuta al miglioramento e al mantenimento della salute, cosa confermata da questi studi. I ricercatori però si sono chiesti se si tratta solamente di una riduzione dello stress oppure se esiste un’altra spiegazione. Per rispondere a questa domanda, il Dott. Yi-Yuan Tang, uno tra i più importanti  specialisti in neuroscienze della Cina, nel 2007 ha effettuato uno studio. Egli ha voluto verificare se “mindfulness” è solamente una forma di allenamento al rilassamento oppure se i suoi effetti sono dovuti ad un altro meccanismo. Con questo scopo, 40 volontari hanno seguito un corso durato 5 giorni, nel quale dedicavano 20 minuti al giorno ad una tecnica mindfulness. Allo stesso tempo, altri volontari dedicavano 5 giorni all’apprendimento di una tecnica di rilassamento. “Dopo solamente cinque giorni di allenamento si registravano differenze considerabili tra i due gruppi”, spiega Tang. I test della saliva evidenziavano che i volontari che avevano imparato le tecniche della totale consapevolezza presentavano un sistema immunitario più forte e un livello più basso di cortisone. Questi risultati suggeriscono che mindfulness è molto più di un metodo di rilassamento. Cos’è allora, e perché ha un impatto così considerabile su molti aspetti della vita? La risposta potrebbe darcela uno studio del 2007.


I due modi di percepire il mondo

Uno studio realizzato da Norman Farb insieme ai suoi colleghi dell’Università di Toronto ha offerto una nuova prospettiva sulla  coscienza. Per capire appieno l’importanza di questo studio è necessario comprendere una cosa essenziale di noi stessi.

Ognuno di noi, alla nascita, ha la capacità di creare dentro alla mente rappresentazioni interne del mondo esteriore, che vengono chiamate mappe, reti o circuiti. Queste mappe si sviluppano a seconda delle cose alle quali diamo attenzione col tempo. Così, un avvocato ha mappe per migliaia di processi, un Bushman del Kalahari ha mappe mentali per quanto riguarda la scoperta dell’acqua, ed una mamma che ha partorito il terzo figlio ha mappe mentali su come convincere i bambini ad andare a letto.

Quindi, siamo dotati sin dalla nascita di questa abilità che ci permette di sviluppare automaticamente alcune mappe, come quella dell’odorato.

Farb ha ideato assieme ad altri sei compagni un metodo con il quale studiare il modo in cui le persone vivono ogni istante. Essi hanno scoperto che le persone hanno due modi distinti di interagire con il mondo circostante e che usano differenti insiemi di mappe. Un insieme implica una regione chiamata “rete neurale standard” oppure “pensiero di default”, che implica la corteccia mediale prefrontale e regioni associate alla memoria, come l’ippocampo. Questa rete viene definita “standard” , poiché diventa attiva quando non succede niente di importante e pensiamo a noi stessi. Ad esempio, quando d’estate siete sulla riva di un lago con una birra in mano, e il vento alita leggermente tra i capelli, scoprirete che al posto di apprezzare la bella giornata penserete a quello che vorreste cucinare per cena. Questo tipo di pensieri rappresentano la rete standard in azione, ed è implicata nella pianificazione, nel sognare ad occhi aperti e nell’essere saggi.

Questa rete standard si attiva quando pensate a voi stessi o ad altre persone, dando origine ad una “storia” nella quale i personaggi interagiscono in base ad una narrazione. Il cervello immagazzina un volume enorme di informazioni sugli avvenimenti personali e su quelli delle altre persone. Quando la rete standard è attiva, pensate al vostro passato e futuro e a tutte le persone che conoscete, compresi voi stessi, e al modo in cui si tesse tutta queste rete in un’enorme arazzo. Nel suo studio, Farb chiama questa rete “circuito narrativo della memoria”.

Quando percepite il mondo usando il circuito narrativo, accumulate informazioni proveniente dall’esterno, e le processate tramite un filtro, per capire che cosa significa ogni singola cosa, dopodiché aggiungete le interpretazioni personali. In questa maniera, quando vi trovate sulla riva di un lago e avvertite una fresca brezza, non la percepite oggettivamente, bensì come un segnale che l’estate finirà presto, e che probabilmente vi farà pensare alla stazione sciistica nella quale andate d’inverno e che presto dovrete lavare la tuta da sci.

La rete standard è attiva nella maggior parte dei momenti in cui siete svegli e non necessita molto sforzo per usarla. Essa è utile, però non è ideale limitare la visione del mondo solamente tramite questa.

Lo studio di Farb evidenzia un’altra via completamente diversa di percepire l’esperienza. Gli scienziati la chiamano “esperienza diretta”. Quando questa è in funzione si intensifica l’attività di più zone cerebrali. Tra queste anche l’isola, una regione che ha a che fare con la percezione delle sensazioni corporee. In questo caso si attiva la corteccia cingolata anteriore (ACC), una regione che svolge il compito chiave nel rilevamento degli errori e nella commutazione dell’attenzione. Quando la rete dell’esperienza diretta si attiva non penserete più al passato e al futuro, alla propria persona o ad altre; anzi, non penserete più a niente. Non fate altro che riconoscere in tempo reale l’informazione che vi arriva tramite i sensi. Stando sulla riva di questo lago, la vostra attenzione è concentrata sul calore del sole che sentite sulla pelle, sulla fresca brezza e su quella della birra fredda che tenete in mano.

Tramite più studi è stato scoperto che questi due circuiti, quello narrativo della memoria e quello dell’esperienza diretta, presentano un rapporto inverso. In altre parole, se mentre lavate i piatti pensate ad una riunione alla quale dovete partecipare, ci sono grandi possibilità di non accorgervi di un bicchiere rotto e di procurarvi una ferita, perché la mappa cerebrale associata alla percezione visuale è meno attiva quando è in funzione quella narrativa della memoria. Così, vediamo, udiamo, odoriamo e sentiamo meno cose quando siamo persi nei pensieri (nemmeno la birra ha un gusto buono quando siamo in questa condizione). Il meccanismo lavora anche inversamente, così che l’attivazione del circuito narrativo è attenuata quando ci concentriamo sulle informazioni percepite tramite i sensi. Questa cosa spiega il perché del fatto che quando siamo stressati ci rilassiamo se respiriamo profondamente e ci focalizziamo sul momento presente.

Perché quindi è così importante essere consapevoli dell’esistenza dei due circuiti distinti della percezione del mondo? Nella ricerca effettuata da Farb si è scoperto che le persone che praticavano la differenziazione tra la via narrativa e quella dell’esperienza diretta (ad esempio le persone che meditavano regolarmente), presentavano una diversità più evidenziata tra i due circuiti. Queste persone sapevano quale circuito è stato usato in tempo reale e riuscivano a passare dall’uno all’altro con più facilità. Invece, le persone che non avevano praticato la differenziazione tra i due circuiti tendevano ad usare in modo automatico il modo narrativo.

Uno studio effettuato da Kirk Brown ha scoperto che le persone che ottenevano un punteggio più alto sulla scala MAAS erano più consapevoli dei propri processi subcoscienti. Per di più, queste presentavano un controllo cognitivo maggiore, avendo una più grande capacità nel controllare quello che facevano e dicevano rispetto a quelle persone che avevano ottenuto un punteggio minore. Nel caso dell’esempio che sta sopra, se siete una persona cosciente, allora quando vi trovate sulla riva del lago avete più possibilità di rendervi conto che state sottovalutando una bella giornata pensando a quello che mangerete a cena, e quindi riuscireste a riportare l’attenzione sul calore del sole. Quando vi orientate di nuovo l’attenzione, cambiate anche il modo di funzionamento del cervello, e questa cosa può avere un impatto a lungo termine su di questo.

Daniel Siegel spiega questo fenomeno: “Con l’ottenimento di una concentrazione stabile e raffinata sulla mente stessa, certi percorsi cerebrali indifferenziati in passato, diventano rilevabili e poi addirittura modificabili. Questo è il metodo con il qualche possiamo usare la concentrazione mentale per cambiare funzione e, infine, anche la struttura stessa del cervello”. Di conseguenza, con l’attivazione del circuito dell’esperienza diretta, percepiamo più informazioni sul proprio stato mentale e ci permette di scegliere in che direzione spingere l’attenzione.
“Capendo il proprio cervello, aumentiamo la capacità di cambiarlo”, spiega David Rock, l’autore del libro “Your Brain at Work”, nel quale si spiega che “più cose osserviamo sulla propria esperienza, più abbiamo l’opportunità di essere coscienti. Non c’è bisogno di meditare sulla cima di una montagna per diventare più consapevoli, possiamo fare questa cosa anche mentre lavoriamo”. 

Come possiamo applicare queste scoperte nella vita d’ogni giorno?

John Teasdale, uno tra i più importanti ricercatori che hanno studiato il fenomeno mindfulness, afferma che questa forma di totale consapevolezza “è un’abitudine, una cosa che più facciamo, più diventa facile”. Teasdale aggiunge anche il fatto che “è un’abilità che può essere imparata accedendo a qualcosa di cui siamo già in possesso. La totale consapevolezza non è difficile da ottenere però è più faticoso ricordarsi di farla”.

Il metodo più semplice per ricordarci questo è avere abilità nella memoria recente. Se praticheremo in modo ripetuto il metodo mindfulness, esso sarà più semplice da usare. Gli studi mostrano che le persone che praticano in modo costante questa disciplina registrano cambiamenti cerebrali; esattamente, le zone della corteccia associata al controllo cognitivo e del cambiamento dell’attenzione, diventano più grandi.

Come possiamo allenare questa abilità? David Rock offre la risposta nel libro “Your Brain at Work”: “La cosa più importante è praticare la concentrazione su uno stimolo diretto e fare questa cosa il più spesso possibile. È utile beneficiare di un flusso così ricco, perché è più facile essere attenti alla sensazione del piede sul pavimento che non alla sensazione di un solo dito appoggiato su quest’ultimo. Potete allenare questa capacità quasi sempre, quando mangiate, camminate o parlate, senza il bisogno di meditare ed essere attenti alla respirazione”. Oltre a ciò, Rock sottolinea che è importante integrare questa esercitazione nel ritmo della propria vita. “Mia moglie ed io abbiamo creato un rituale che dura 10 secondi prima di cenare con i bambini, e che comporta accordare tutti quanti la totale attenzione al respiro durante i tre cicli prima di mangiare”.

Negli ultimi anni, le ricerche hanno scoperto sempre più benefici resi dalla consapevolezza totale. Gli scienziati sono venuti a sapere che la meditazione mindfulness riduce l’ansietà e la depressione, attenua la sensazione di dolore e protegge dall’infarto. Tra i più rispettati psicologi degli Stati Uniti, troviamo anche Michael Posner, colui che ha scopeto che la meditazione mindfulness aiuta il miglioramento delle abilità cognitive, quello della stimolazione dell’attenzione, l’ampliamento della memoria del lavoro e il miglioramento dell’intelligenza fluida. Tra questi benefici identificati recentemente troviamo anche l’abbassamento delle infiammazioni croniche, la riduzione degli sintomi da stress tra gli studenti, il miglioramento nei risultati scolastici e una scelta migliore nelle decisioni. Quindi, la scienza sembra confermare quello che già sapevano i saggi di millenni fa: conoscere se stessi è essenziale per una vita sana e piena di realizzazioni. Inoltre, la scienza di oggi ci offre anche gli strumenti con i quali capire la propria persona, avendo così l’opportunità di fare progressi.

La scelta di usare tutto ciò, ci appartiene.




Atre fonti e riferimenti a libri e/o studi:

mercoledì, settembre 17, 2014

Eleganza ed equilibrio nella società

Dopo una lunga assenza, ho deciso di ritornare a scrivere sul blog. Forse dovrei essere un po' più costante, ma spero che, anche se non molto frequenti, i miei articoli possano interessare la maggior parte di voi. 
Come ben sapete, questo blog è stato aperto con l'intento di una linea lifestyle, però credo che ormai il web sia pieno di blog che parlano di come vestirsi al sabato sera e su come arredare il soggiorno. Certo, per carità, piace a tutti stare attenti a queste cose, ma in fin dei conti non sono delle priorità assolute nella nostra vita. 

Ed eccomi, che con la parola priorità, mi butto nell'anima dell'articolo che avevo intenzione di scrivere. 
La domanda che spesso mi pongo, è: quali sono le mie priorità?  
Bene, diciamo che superficialmente parlando, le nostre priorità cambiano molto spesso a seconda della situazione economica e/o sociale in cui ci troviamo. Ma cosa succede quando la prima priorità è il mondo in cui vivi? Che cosa puoi fare per migliorare la situazione attorno a te? E' una domanda abbastanza semplice, ma molto complessa allo stesso tempo, e forse tanti per qualche ragione sicuramente valida, non hanno nemmeno il tempo di farsela. 

Io sono dell'idea che la priorità dovrebbe essere data all'ordine sociale. Se prendiamo un vocabolario e cerchiamo nella voce sociale, il significato di ordine sociale troviamo pressappoco questa definizione: condizione di una società caratterizzata dall'assenza di conflitti che possano comprometterne l'equilibrio. Fino a qui ci siamo. Penso che abbiate capito il significato che, è così lontano dalla situazione attuale del mondo. 

Ora prendiamo in esame la parola equilibrio e vediamo il suo significato. 
Prima di tutto bisogna sapere che tutto quello che noi conosciamo è un equilibrio; non a caso si parla di questo in fisica, biologia, chimica, e così via. Però generalmente, l'equilibrio è una condizione di stabilità in cui non ci sono eccedenze di alcun tipo. Il nostro corpo, la natura, il Sistema Solare, tutto; ogni cosa per esistere ha bisogno di un'altra, creando così un equilibrio, una stabilità. 
Ma la nostra mente ha davvero bisogno di un equilibrio? C'è qualcosa che regola le nostre scelte ed il nostro stile di vita? Qual è la nostra vera natura? 
A guardarci attorno sembra che l'uomo sia di natura autodistruttiva, in quanto spinto dall'istinto primordiale di sopravvivenza, autoaffermazione e autoconservazione. Al giorno d'oggi, l'uomo tende ad essere troppo egoista, applicando questi tre istinti fuori dall'equilibrio che la natura segue. Ormai, non si tratta della sopravvivenza di un singolo individuo, ma di una società piena di eccessi. 

Stiamo parlando di psicologia sociale. Cos'è la psicologia sociale? Non è altro che una disciplina che spiega il comportamento umano visto come una funzione dell'interazione della persona e l'ambiente. 
L'essere umano è conformista per natura, aiutandosi così a non cacciarsi in conflitti, tendendo ad adeguarsi alle idee delle persone più convincenti. Ma torniamo alla domanda di prima: c'è qualcosa che regola le nostre scelte ed il nostro stile di vita? Secondo me, sì. L'esempio più banale è il classico leader politico che tiene un discorso e che, non importa ciò che lui dirà, ma il modo in cui lo farà, il tono di voce che userà e quel gesticolare con le mani (Sapevate che solitamente, durante un discorso, chi gesticolando con le mani tende a mostrare i palmi, è una persona che si sente in colpa ed ha la coscienza sporca?), le pubblicità accompagnate da colori e suoni che stimolano la nostra voglia di fare una determinata cosa oppure acquistare un determinato prodotto, etc.. 
La società, le multinazionali, le potenze economiche del mondo, non fanno altro che una gara al più forte, a chi guadagna di più, a chi ha più "schiavi". 

Può l'eleganza riportare l'equilibrio nel nostro mondo? Ecco, è questa la domanda principale, quella per cui siamo arrivati fino a qui. Molti, spacciano l'eleganza come unicamente modo di vestire con gusto e raffinatezza, però questa sta a definire anche i comportamenti raffinati. Un comportamento raffinato corrisponde anche al bon ton, che questo a sua volta definisce il codice del comportamento sociale. 
Se ogni persona iniziasse ad avere un po' più di rispetto per il proprio benessere e per quello degli altri, sicuramente il mondo andrebbe ripristinato all'equilibrio dell'ordine sociale. 
Però c'è poca speranza: i genitori sono sempre meno responsabili dei propri figli, li accontentano in tutto e per tutto, facendo sembrare la situazione una guerra tra chi compra l'iPhone per primo al proprio figlio. Genitori che si fanno ricattare, mettendo su un piedistallo d'oro quei piccoli mocciosetti che un giorno saranno il futuro del nostro mondo. 

giovedì, gennaio 16, 2014

Conoscere se stessi, accettarsi ed essere memorabili, la mia guida.

Ciao ragazze! Questa mattina mentre stavo iniziando il mio rituale di ricollegamento con il mondo reale, stavo pensando di condividere con voi la mia (quasi) facile guida per accettare se stessi e smettere di deprimersi quando si sfoglia un giornale di moda. E' una cosa che ho imparato a mie spese e con l'aiuto di altre persone, e che mi aiuta moltissimo. Le regole sono queste:

1. INIZIA A CONOSCERE TE STESSA
Guardati allo specchio nella maniera più sincera, e renditi conto di quanto tu sia bella. Trova i tuoi punti forti e punta su di loro. Lo specchio non deve essere il tuo nemico.
2. ACCETTATI COSI' COME SEI
Ora che hai trovato i tuoi punti forti, devi capire che nessuno è perfetto e che tutti abbiamo dei difetti, se così si possono chiamare. C'è chi vorrebbe un paio di centimetri d'altezza in più, chi vorrebbe il naso un po' più piccolo, chi non va d'accordo con il suo lato B etc. Non bisogna aspettarsi che andando a letto alla sera e svegliandosi al mattino sarà tutto perfetto come voi avete sempre desiderato. Per certe cose si devono fare un po' di sacrifici.
3. NON PARAGONARTI CON ALTRA GENTE
Ed è questo il punto fondamentale! Spesso anche se non ci rendiamo conto, tendiamo a metterci in paragone con gli altri ed è proprio questo l'errore più grande che si possa fare. Prendiamo come esempio un giornale di moda. Sfogliandolo troverai tante modelle dal fisico "quasi" invidiabile e questo potrà demoralizzarti. Ma devi assolutamente capire che non puoi paragonarti con il meglio di qualcun altro.
4. VESTITI ADEGUATAMENTE
Per farla breve vi faccio un esempio banale, senza tanti giri di parole: secondo voi il vestito che Jennifer Lopez indossava agli Golden Globes è adatto anche ad una tipa taglia 40? Oppure ad una con le spalle un po' più larghe? Secondo me no, poi non è che parlo da esperta modaiola, ma da semplice ragazza un po' realista su queste cose. Qui ritorna il punto n°3. Non metterti mai in paragone con il meglio degli altri e ricordati che ogni corpo segue linee diverse.










5. SII MEMORABILE
Questo non vuol dire che devi essere eccentrica, oppure indossare capi super estroversi. Ogni occasione ha il suo dress code. Se non sai cosa scegliere, prova a informarti oppure resta sul classico.
6. L'ATTITUDINE
L'attitudine è tutto. Devi essere sempre sicura di quello che stai indossando in modo da essere a tuo agio e risultare una persona sicura di se. In genere sono questo tipo di persone che lasciano la traccia.

Detto questo, spero che le 6 regolette siano utili a chi ne ha bisogno!

Baci,
Gabriélle.





lunedì, gennaio 13, 2014

La differenza tra una Donna ed una donna.

Bene carissimi, sono pronta a scrivere il prossimo post. E' un argomento che mi sta parecchio a cuore. Molto spesso si vede in Internet come certe persone possano degnare dell'appellativo DONNA certe sgorbiette da due soldi, spuntate in televisione come da un simpatico ovetto di cioccolato. Ma non quello di marca tipo Kinder. No! Quelli che trovi vicino alla cassa dei grandi discount. Ora, capitemi. Non voglio fare nomi, perché non si sa mai nella vita, ma voglio dire anche a voi quanto io sia schifata di questa situazione e della poca eleganza delle persone che non sanno qual è la differenza tra una Donna ed un semplice essere umano che in mezzo alle gambe non ha il pisello ma la patata.
Sappiamo tutti quanti che praticamente tutte le soubrette o showgirl o come cazzo le volete chiamare, sono arrivate la dove sono a forza di leccare schifosi e rugosi cazzi di chissà che produttore. Ecco, questo era il primo esempio di una donna con la "d" minuscola. Forse chiamarla donna è troppo.
Invece, una Donna (con la D maiuscola), metterebbe al primo posto l'orgoglio e la dignità. Personalmente mi vien difficile credere che una persona sana di mente e di buoni intenti possa fare una cosa come quella descritta sopra, per un po' di attenzione da parte dei media. Ma è tutto equamente proporzionato: fama=media=soldi.
Poi a tutte le Donne mamme in difficoltà economica prendete esempio dalla tipa che recentemente ha fatto un calendario nuda urlando a destra e a sinistra che non è volgare bensì artistico. Siete rimaste a corto di latte in polvere e omogenizzati? No problem, potete recuperare così! Ma il punto è che sta mignotta ha anche ammesso che lo ha fatto per sua figlia. Ma bella babbea che non sei altro: sei Fica, sposati uno ricco e furbo e sei apposto. Magari ci metti una bella pietra sopra al tuo passato ormai macchiato dall'etichetta bagascia. Andiamo, ok, una mamma farebbe di tutto per il proprio figlio, ma sono quasi certa, che una Donna, questo mai!
Potrei continuare per altre tante pagine però sinceramente, quando parlo di queste cose mi sale un po' la voglia di ripassare il Vangelo.
Buona sigaretta anche a voi.
Gabri

giovedì, ottobre 24, 2013

gente stupida.

Carissimi,
più il tempo passa, più mi chiedo se la gente è stupida e non ha niente da fare oppure se è talmente repressa che sfoga la propria frustrazione sugli altri. Nella maggior parte dei casi, credo convintamente si tratti della seconda opzione. Ma non nella gente che conosco io, in maniera assolutamente casuale. Mi piacerebbe ogni tanto fare un applauso a queste oche giulive, maschi e femmine, tutti insieme felicemente. Ogni tanto però, mi chiedo se la stupida sono io, che magari non so parlare, non  mi so esprimere, ma sbatto ogni volta contro le stesse risposte impreparate di gente occlusa da quello che la società vuole.
Nel mondo, ci sono cose giuste e cose sbagliate, cose che vanno contro l'etica morale. Ma cosa succede quando la società cambia il tuo modo di pensare? Le opzioni sono due: diventi la persona che nessuno vorrebbe attorno oppure ti aggreghi in un branco di persone dalla capacità intellettuale molto scarsa.
Questo discorso non ha alcun senso, lo so, non segue alcuna scaletta, ma il caos crea questo effetto.
Si dice che "chi ha il pane non ha i denti, e chi ha i denti non ha il pane". Non c'è cosa più fastidiosa dei lamenti di chi ha già tutto ma è insoddisfatto e vuole di più. Un esempio banale, dato il periodo che stiamo attraversando, è il lavoro. Personalmente farei il baciamano se avessi un lavoro, invece di schiamazzare per motivi futili. "Ah, beh, sì, tu non lavori, che cavolo ne sai!" Intanto dammi un lavoro, poi ne riparleremo.
Poi, quella gente fastidiosa, che ti rimprovera il tuo status lavorativo. Maaa... che colpa ho io se ho 21 anni e quando non c'era la crisi ero ancora minorenne? Non so se mi spiego. "Io qua... io la, io lavoravo [...]" Eh, cari miei, non bisogna giudicare mai la gente, perchè non tutti partono in vantaggio, o comunque con le stesse conoscenze. E conoscenze, non quelle intellettuali, ma quelle persone che mettono la buona parola togliendo il merito a qualcuno di competente. Poi, sempre grazie a questi raccomandati, c'è gente che non riesce a fare esperienza, e da qui è tutto un ciclo che si ripete all'infinito.
Conclusione? Nessuna. Oh, beh. Una sì. Conosco troppe persone geneticamente incapaci di usare il proprio cervello.

giovedì, ottobre 03, 2013

Superficialmente me.

"Sempre troppo seria." E' la frase che mi sento dire spesso da mia madre. "Sei sempre troppo seria nelle foto, sempre troppo seria con l'abbigliamento, dovresti vestirti come tutte le ragazze della tua età, osa ogni tanto." Beh, cara mamma, non so come spiegartelo, ma iniziare a seguire tutte ste stupide mode mi priverebbe della mia identità, del guscio dal quale sono uscita e che conservo così gelosamente. 
Così, mi sono decisa di scrivere questo post, e fare un elenco delle cose a cui non potrei mai rinunciare; e perché no, anche una piccola wishlist. 
Non sono il genere di ragazza che ogni volta che esce di casa deve essere truccata alla perfezione, che è sempre vestita come per un galà. Nella vita di tutti i giorni mi piace essere semplice, "terra terra" come tanti usano dire. Ma preferisco essere così, e riservare le cose più vanitose per altre occasioni, per stupire. 

Il mio stile è classico, non adoro le cose troppo estroverse in materia d'abbigliamento e accessori. Il mio outfit preferito è composto da un paio di jeans/pantaloni skinny, magliette à la marinière e per quelle giornate un po' mosse dal vento ci aggiungo un blazer. Mi piace giocare così, perchè abbinando un paio di scarpe sportive divento casual, mentre aggiungendo un paio di tacchi diventa tutta un'altra cosa. Se dovessi scegliere una casa di moda che rispecchia di più questo stile, sceglierei senz'altro Tommy Hilfiger. Tutto rigorosamente bianco, rosso, blu e colori neutri. 


Ok, nella vita di tutti i giorni potreste trovarmi vestita così, ma nelle occasioni speciali? Beh, lì va a seconda della situazione, della stagione, di come mi sento. Anche li però scelgo i colori neutri, ma cambia tutto. Gradisco i vestiti lunghi, composti da "corsetto" e linee morbide che scendono da sopra i fianchi. Adoro anche i vestiti che hanno una lunghezza media arrivando sopra al ginocchio. Quelli però li voglio stretti, che seguono la linea del corpo, in quanto ho i fianchi che sembrano due portaerei, e dovete credermi, preferisco evidenziarli che nasconderli. 

Credo che farò una piccola pausa, non voglio che l'articolo sia troppo lungo, per cui la parte make up ed accessori arriverà in un secondo momento.

Baci, 
Gabriélle